Omaggio a Gianetto Biondini

17-02-2020

In occasione del centenario della sua nascita di Gianetto Biondini, il Museo Civico di Crema e del Cremasco ha deciso di ricordare, con un allestimento temporaneo, uno dei fondatori e promotori del Museo stesso.

Il 19 febbraio 1920 nacque a Crema e giovanissimo decise di dedicarsi totalmente alla pittura, lasciando il posto di lavoro alla Ferriera. Entrato nel 1942-43 all’Accademia Carrara di Bergamo, già dopo pochi anni approfondì i suoi studi accademici entrando in contatto diretto con le opere. Iniziò così il suo viaggio artistico che lo porterà a visitare Roma, Firenze, Torino, Capri, la Sicilia, Zurigo, la Provenza e la Spagna e che caratterizzerà soprattutto i primi anni del suo percorso formativo. Gianetto fu infatti un pittore legato alla sua terra, alla sua città, al suo territorio e in particolare a «la sua casa,[…] lo studio che più amava», quello di Via Pesadori.

In questa sede vuole essere ricordato non soltanto per il suo talento artistico ma anche per il suo incessante impegno nell’allestimento e nel riordino delle collezioni museali: tra il 1958 e il 1977 fece parte del Consiglio del Museo, fu membro della redazione della rivista Insula Fulcheria e promotore di due nuove sezioni, la sezione Archeologica e la sala Cimeli Garibaldini. Prese parte inoltre alla realizzazione della Casa Cremasca e collaborò con C. Fayer e B. Ermentini al recupero delle piroghe dal letto del fiume.
Il suo impegno nei confronti di questa istituzione non si ferma tuttavia al riordino delle collezioni museali, ma fu fondamentale anche per il coinvolgimento attivo della cittadinanza: grazie a lui vennero promossi laboratori didattici di pittura e scultura per grandi e piccoli.
Ancora prima della vera e propria donazione da parte dei familiari di Biondini il Museo possedeva già alcune sue tele, in particolare dei bozzetti che l’artista aveva eseguito durante le sue passeggiate per la città. A queste, presenti negli Inventari di Grafica e di Arte del Museo, si aggiungono le 10 opere donate il 5 febbraio 2001 dalla Famiglia Biondini per restituire alla città di Crema la figura e il lavoro di un artista così tanto legato alla sua terra natia.
Le tele, dal carattere unitario e omogeneo, delineano il complesso e completo percorso artistico di Biondini, andando a rappresentare le diverse fasi creative affrontate nel corso della sua carriera, dove protagonisti assoluti risultano essere i soggetti intimi e quotidiani. Le opere, visibili in un percorso dedicato al pittore nella sezione Cartografica del Museo, illustrano l’evolversi della sua costante ricerca nella visione della realtà.
Agli inizi del suo percorso artistico la luce e il colore risultano componenti centrali, elementi ripresi in particolar modo dal chiarismo del maestro Carlo Martini e dalla continua analisi della luce dell’Impressionismo francese.
Dal giovane Biondini, con la sua visione romantica dei colori, si passa ad un secondo periodo dove la linea si fa via via più nervosa, dove il colore viene diluito e assume toni grigi e tetri. Si percepisce la volontà di abbandonare lo stile impressionistico per favorire una conoscenza interiore della realtà. Il colore perde la sua predominanza a vantaggio di linee nette e precise. I soggetti si caricano ora di significato personale e sono catapultati in un paesaggio al limite del surreale: l’attrezzo agricolo è estraniato così dal suo contesto e acquista una dignità ed un valore del tutto nuovi.
Si arriva così al simbolismo delle cose antiche, familiari, le quali diventano per il pittore lo strumento ideale per rappresentare le inquietudini, sempre più frequenti, dell’uomo contemporaneo. La sua pittura, che si lascia alle spalle il chiarismo di stampo lombardo, si fa più schematica, geometrica.
Nelle ultime opere della sua carriera artistica si approda infine alla pura astrazione, dove protagoniste diventano le immagini grafiche, i diagrammi dei sentimenti umani.

Biondini non fu solo un paesaggista legato agli scorci di Crema, ma nel suo percorso di delicata sperimentazione riuscì ad elaborare anche una propria arte riflessiva mantenendo un filo comune tra tutte le sue opere.
Con questo allestimento temporaneo il Museo Civico di Crema e del Cremasco vuole ricordare un pittore centrale per la città, che ha saputo vedere, al di là della semplice realtà esteriore, le emozioni più sincere e i sentimenti più profondi della vita, un personaggio timido che amava lavorare in silenzio, meditando costantemente sulla vita, propria o altrui, lontano dalla frivolezza e dalla mondanità.

«Non parlava quasi mai; guardava il mondo e pensava… Era un mite capace di improvvisi furori in difesa delle cose in cui credeva» (Carlo Fayer)

L’evoluzione di un linguaggio