Sua Maestà: il tortello cremasco

02-08-2019

“… va beh, è una pasta ripiena” si dirà.
No, un attimo: è arte culinaria allo stato puro.
Un amalgama di gesti sapienti che si perdono nel medioevo, divenuti quasi alchimia durante il periodo della dominazione di Venezia la Serenissima ed entrati per sempre nella tradizione cremasca.
Sono un simbolo, diciamolo pure. Significano stare insieme durante un periodo di festa, sia un gioioso momento familiare che una ricorrenza paesana; il loro significato è di appartenenza, come dire, al territorio, un distintivo da portare con orgoglio. Perché l’orgoglio è matrice trainante in questo caso: ogni paese ha la sua ricetta e in ogni paese, ogni famiglia ha la propria (segretissima).
Un campanilismo saporito e stuzzicante, non c’è che dire.
Il ripieno del Re Tortello è infatti qualcosa di particolare nel panorama culinario lombardo e non solo, un unicum si potrebbe azzardare: un ripieno dolce, dove i sapori degli ingredienti danzano assieme, componendo un’esperienza olfattiva e di gusto unica. Per mera esemplificazione eccone alcuni, solo per ingolosirvi: uvetta passa, mostaccini (tipici biscotti speziati cremaschi), amaretti, cedro, marsala, noce moscata, mentine.
Anche la forma è unica. Lascio parlare il Piantelli, che nel suo folclore cremasco scrive: «…si prepara partendo da un disco di pasta piegato a mezzaluna, con il ripieno nel centro. I bordi del disco vengono pizzicati e sovrapposti a mano così da formare cinque creste sul bordo del tortello…».
Cosa resta da fare? Un omaggio ad un amico di lunga data. Ed è quello che è stato fatto nel 1981, quando un gruppo di persone ha creato quella che è passata alla storia come Tortellata Cremasca: un momento di ritrovo nelle calde sere d’agosto, dove sedersi intorno ad un tavolo, ridere e scherzare è diventata una tradizione.
Oggi la Tortellata ha cambiato nome, i promotori sono cambiati … ma lui no: Sua Maestà Tortello aspetta solo di ricevere i suoi sudditi, sguazzando in un bagno di burro fuso.

A cura di Raffaele Grasselli.