#TurismoCrema: la Basilica di Santa Maria della Croce
14-07-2020Segnalata dalla rivista Bell’Italia fra i 9 sorprendenti tesori da visitare in Lombardia nel numero di luglio 2020, la Basilica di Santa Maria della Croce è uno scrigno di bellezza che compenetra riflessioni bramantesche, esuberante decorazione barocca e naturalismo pittorico.
La Basilica si erge maestosa al limitare dell’abitato della Città.
La storia della basilica è strettamente legata alla figura di Caterina degli Uberti, giovane nobildonna cremasca che il 3 aprile 1490 fu condotta con l’inganno dal marito Bartolomeo Pederbelli nel bosco del Novelletto appena fuori le mura cittadine.
Dove oggi sorge la Basilica, in passato si trovava un bosco chiamato, appunto, del Novelletto. Qui l’uomo aggredì la donna, le strappò i gioielli e le mozzò una mano a colpi di spada per poi abbandonarla. La donna invocò il soccorso della Vergine e fu ascoltata: Maria le apparve infatti sotto le sembianze di una contadina e la condusse in una vicina abitazione dove fu medicata. Il mattino seguente, dopo aver ricevuto i sacramenti, morì.
Il luogo dell’aggressione e dell’apparizione divenne subito meta di pellegrinaggio e devozione A partire dal 3 maggio successivo fu posta una croce per segnalare il luogo sacro e da quel momento si susseguirono i miracoli e le guarigioni. Così la cittadinanza decise di erigere prima una cappella e in seguito una vera e propria chiesa.
I lavori iniziarono il 6 agosto 1490 sotto la direzione dell’architetto Giovanni Battagio, (Lodi, 1440 circa – 1500 circa): artista attivo a Milano e Lodi e stretto collaboratore del celebre Donato Bramante.
La Basilica fu intitolata a Santa Maria della Croce perché nella tradizione il primo miracolo si compì il 3 maggio giorno in cui si celebra l’Esaltazione della Santa Croce. La sua costruzione è associata a un altro evento miracoloso: la comparsa in cielo di un cerchio multicolore durante un sopralluogo del podestà di Crema.
Nel 1694 si insediò in Basilica l’Ordine riformato dei Carmelitani Scalzi che costruirono il grande convento nel 1706 e, qualche anno dopo, il campanile che affianca la basilica.
Il santuario ha una pianta centrale e fu ideata ispirandosi ai canoni dell’architettura lombarda rinascimentale. Esternamente si presenta con un tiburio centrale sul quale si affacciano quattro cappelle ai quattro punti cardinali che creano la forma di una croce a ricordo della sua intitolazione. L’edificio è interamente realizzato in cotto: il colore rossiccio domina affiancato dal verde rame delle cupole (materiale aggiunto in epoca 900esca) e dal bianco dell’intonaco.
Le facciate sono organizzate in quattro ordini sovrapposti, gli ultimi tre occupati da gallerie percorribili. Il primo livello è decorato con specchiature rettangolari divise da lesene; il secondo livello è composto da aperture monofore; il terzo livello appare più elaborato con una serie di bifore sotto cui corre una decorazione con piccoli rosoni in cotto con i motivi del sole fiammeggiante, della ruota e una figura geometrica complessa; infine l’ultimo livello, opera del Montanaro, è occupata da un’altra riga decorata con rosoncini sovrastata da una serie di monofore trilobate di gusto gotico.
L’interno è organizzato intorno a un’aula ottagonale con quattro bracci laterali che completano la pianta a croce greca. Il vano principale è coperto da una cupola con otto spicchi. Alternate ai quattro bracci si trovano quattro cappelle semicircolari. La realizzazione della pala dell’altare maggior fu affidata a Benedetto Rusconi, detto il Diana, che la realizzò nel 1501. L’opera rappresenta l’Assunzione della Vergine, l’interesse del dipinto risiede sia nell’importanza della commissione all’affermato pittore veneziano sia nella raffigurazione dello sfondo dove compare una delle pochissime testimonianze dell’immagine dell’antico castello di Porta Serio.
Gli altari laterali sono decorati a stucco nel 1585 probabilmente da Giovan Battista Castello. Sul timpano siedono due figure femminili in stucco che reggono dei libri. All’interno delle nicchie appaiono figure di profeti. Gli affreschi sono di Aurelio Gatti (1585) tranne quelli della terza cappella realizzata interamente da Carlo Urbino, autore sia degli affreschi che della pala. Le pale che decorano gli altari sono l’Adorazione dei Pastori di Antonio Campi (1575), l’Adorazione dei Magi di Bernardino Campi (1575), la Salita al Calvario di Carlo Urbino (1578) e la Deposizione di Bernardino Campi (1575).
Gli affreschi della volta furono realizzati in un momento successivo, infatti solo nel 1702 i gemelli Gerolamo e Giovan Battista Grandi e il valtellinese Giacomo Parravicino furono chiamati per l’esecuzione del Trionfo della Croce, che occupa gli otto spicchi interni del tamburo, così come le Sibille e i Profeti e i medaglioni con le Visioni di Santa Teresa d’Avila. Le due cupole minori sono impreziosite da dipinti di Giacomo Parravicino, Giuseppe e Giovanni Antonio Torricelli, Eugenio Conti e Angelo Bacchetta.
Sotto il presbiterio si trova lo scurolo, che sorge nel luogo dove apparve la Madonna a Caterina, episodio che è ricordato grazie a due statue (gruppo scultoreo risalente al Seicento); il soffitto dello scurolo fu decorato da Bernardo Capradossi con le immagini dei Dodici apostoli.